Anche in Ticino la piazza finanziaria ha svolto un ruolo importante nel sostenere le aziende durante gli ultimi mesi. Tuttavia secondo gli esperti per affrontare il futuro è necessario che attori economici e politici ritrovino la piena coesione.
Il primo anno di pandemia è ormai alle spalle (e speriamo che non ce ne sia un secondo da affrontare): ma come sta l’economia ticinese e quanto sarà lunga la convalescenza? Se lo sono chiesti alcuni rappresentanti del mondo economico durante una conferenza online organizzata ieri dall’Associazione Bancaria Ticinese. I dati per ora confermano che il colpo subito dall’economia nel 2020 è stato pesante (-4%). Meno pesante tuttavia delle aspettative iniziali, sia grazie alle misure di sostegno straordinarie adottate dalla Confederazione, sia grazie ad un DNA che anche nella crisi si è dimostrato particolarmente resiliente. «La situazione varia moltissimo da settore a settore – ha spiegato Stefano Rizzi, direttore della Divisione economia del DFE -. I cali peggiori sono stati registrati da alloggi e ristorazione (-35%), intrattenimento (-20%). Hanno retto meglio l’industria (-5%) e le costruzioni (-4%), mentre settori come finanza (+1,5%) e commerci (+3%) nel complesso sono cresciuti. Le previsioni di crescita sono ancora negative per la prima metà di quest’anno, tuttavia per il momento il mercato del lavoro ha tenuto, stando ai dati sulla disoccupazione ILO e SECO». Una fotografia condivisa dal presidente della Camera di commercio Andrea Gehri. «Berna ha messo in campo l’artiglieria pesante per sostenere l’economia, dalle misure per il lavoro ridotto ai crediti COVID, oltre agli aiuti per i casi di rigore, per gli indipendenti, disoccupati e per lo sport. E dopo? Dopo dipende molto da come sarà la ripresa e da quanto in fretta torneremo a guardare al futuro con fiducia».
Un binomio vincente
Gli aiuti della Confederazione hanno potuto essere canalizzati grazie al ruolo fondamentale giocato dal settore bancario, sceso in campo per dare il proprio sostegno alle aziende con una tempestività che ha fatto scuola a livello mondiale. Berna nel 2020 ha varato un pacchetto di aiuti finanziari anti-COVID pari a quasi 75 miliardi di franchi. In poche settimane sono stati stanziati crediti per quasi 17 miliardi, di cui 1,3 miliardi in Ticino a circa 12.000 imprese. «Ad oggi – ha spiegato Luca Pedrotti, direttore regionale di UBS Ticino – i crediti concessi sono stati utilizzati per due terzi e dal 70% dei clienti, con grosse differenze tra settori: le aziende attive nel turismo ad esempio li hanno impiegati anche al 90%. Gli imprenditori si sono dimostrati agili di fronte alla crisi, tuttavia diverse operazioni strategiche sono state messe in pausa, molti stanno riflettendo sul proprio modello di business e in generale si fanno sempre più evidenti alcuni cambiamenti strutturali nei vari settori che anche in Svizzera vanno affrontati». Effetti che andranno affrontati anche da quei settori, come la farmaceutica, che finora meglio hanno resistito alla crisi. «L’industria farma ha effettivamente sofferto meno di altre ma non è certo il caso di stare tranquilli – ha puntualizzato Giorgio Calderari, presidente di Farma Industria Ticino -. Lo scorso anno negli USA c’è stato un calo del 30% delle visite diagnostiche e si prevede un -10% fino a metà 2021. Al contempo gli ospedali hanno già provveduto ad aumentare le scorte. Ciò significa che nel 2022 si rischia un sensibile calo degli ordini. Molti studi di ricerca e sviluppo di sono fermati. Fortunatamente il Ticino mostra di voler resistere, con una risposta sanitaria alla crisi che finora è stata gestita davvero bene nonostante le difficoltà».
Una lezione da reimparare?
Mentre la risposta di Berna durante la prima ondata ha ben convinto, negli ultimi mesi sono aumentati gli scetticismi, anche a fronte di contraddizioni e disparità di trattamento dei settori difficili da comprendere, mentre invece sarebbe importante, come sottolineato da Gehri, permettere a tutti finalmente di riaprire pur con le dovute precauzioni. Per tutti gli esperti un secondo lockdown è assolutamente da evitare, sarebbe letale sia all’economia sia alla società già provata da un anno difficile. Da una parte ci vuole una linea chiara per affrontare il futuro immediato: «Ci si può concentrare su tre fattori – ha spiegato Calderari -: resistere e continuare ad adottare misure di prevenzione contro il virus, adottare i test di massa e procedere con il piano di vaccinazioni». Dall’altra sono tante le sfide per la politica, alle prese sia con la gestione operativa degli aiuti all’economia sia con direttive in continuo divenire. «Servirebbero anche investimenti anticiclici che fungano da traino, ad esempio nelle infrastrutture, nelle nuove tecnologie e nella digitalizzazione», ha puntualizzato Gehri. E, soprattutto, politica e attori economici ticinesi devono ritrovare quell’allineamento compatto che durante la prima fase della pandemia è stato di esempio per tutta la Svizzera. «Non è detto che le soluzioni di aiuti economici adottate finora da Berna vadano bene anche per il futuro – ha sottolineato Pedrotti. Bisognerà capire quali aziende supportare e in che modo. Quali decisioni strategiche prendere e come gestire i profili professionali. Un lavoro che richiede decisioni coraggiose e soprattutto gioco di squadra, senza perderci in divisioni inutili».
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